ARDUINO BONE

Come Ridurre Arduino agli Elementi Essenziali Riducendo Potenza e Dimensioni…

 

 

 
 



 

INTRO

Arduino è un po’ come il Mac o come la Bose: o si odia o si ama.
Personalmente lo adoro, come del resto Mac e Bose 🙂

Per un progetto che ho in corso avevo bisogno di realizzare una scheda con Arduino con le seguenti caratteristiche:

– Dimensioni contenute
– Meno componenti possibili
– Connettori per collegare sensori ed attuatori direttamente sulla scheda
– Uso di componenti a passo standard 2,54
– Stampato monofaccia

Il risultato mi ha particolarmente soddisfatto, e pertanto ho deciso di condividerlo con tutti voi.

Ah, perché l’ho chiamato Arduino Bone? Cercavo un nome che rievocasse semplicità e compattezza, ma che soprattutto si potesse far stare nel poco spazio rimasto libero dalle piste dello stampato! 😀
(il primo nome che mi è venuto in mente, e che trovate nelle foto del prototipo, è Arduino Flex… Ma è tutt’altro che flessibile, almeno nel significato meccanico!)

Schema elettrico. I componenti sono ridotti all’essenziale, ma la funzionalità è quella di Arduino Uno

 





 
DESCRIZIONE

Le caratteristiche che ho elencato derivano dalla necessità di far stare in poco spazio un micro con molte possibilità di connessione, usando quanto possibile il materiale, nuovo o di recupero, che avevo in casa. Con FidoCadJ in poco più di mezz’ora (e senza neppure disegnare prima lo schema elettrico) ho buttato giù questo stampato che è risultato stranamente (per i miei standard) compatto ed ordinato.

Circuito stampato visto dal lato componenti. La maggior parte del circuito è occupata dai connettori per le periferiche.

Lo schema elettrico è minimale. Il cuore di tutto è un chip Atmel ATMega328P, con già caricato il bootloader di Arduino Uno. Questi chip si trovano già programmati per pochi euro su Internet, o in alternativa possiamo programmarlo direttamente, seguendo uno dei molteplici tutorial presenti in rete.

A differenza dell’Arduino Uno originale, questa scheda minimale non contiene né l’interfaccia USB, né il regolatore di tensione LDO, né il famigerato LED sulla porta 13 tanto odiato da chi fa uso di questa porta 🙂

Oltre all’ATMega, troviamo un quarzo da 16 MHz di dimensioni standard (si può usare sia il tipo alto che quello a basso profilo), due condensatori ceramici da 22pF per mettere in oscillazione il quarzo stesso, una resistenza da 10k e tre condensatori poliestere da 100 nF (uno come condensatore di filtro sull’alimentazione, uno sull’ingresso ARef, uno per far arrivare l’impulso di reset per effettuare la programmazione). Ah, dimenticavo, anche un elettrolitoco da 47 micro sempre per filtrare l’alimentazione.

Tutto il resto sono connettori, utili per collegare sensori (potenziometri, infrarosso, ultrasuoni, pulsanti, ricevitori SAW, fotocellule, etc) o attuatori (LED, servocomandi, relé con relativo transistor di potenza, relé allo stato solido, Triac, Mosfet etc).

In questo particolare circuito stampato, tutte e 20 le porte dell’ATmega sono utilizzabili sia come ingresso che come uscite. Le ultime sei possono funzionare anche come ingressi analogici a 10 bit, mentre altre sei porte possono essere usate come PWM. Per informazioni più precise, per chi non conoscesse ancora Arduino, rimando al sito.

Le 20 porte sono collegate tutte a connettori a tre terminali. Il terminale più vicino al processore corrisponde alla relativa porta (input o output che sia), il terminale centrale è l’alimentazione positiva del circuito, mentre quello più esterno è sempre una massa. In questo modo possiamo collegare ogni tipo di periferica: se si tratta di un servocomando da modellismo, basterà collegarlo direttamente al connettore strip rispettando la polarità, negli altri casi (ad esempio un sensore IR da telecomando) possiamo collegare segnale massa e alimentazione ai rispettivi pin.

Se il progetto che andiamo a realizzare richiede meno porte di quelle disponibili, potremmo sempre inserire solo i connettori necessari, o anche saldare direttamente i cavi di sensori ed attuatori direttamente sulle piazzole.

 

REALIZZAZIONE

Ci ho messo meno tempo a realizzarlo che a scrivere questo articolo… Una mezz’ora per disegnare lo stampato con FidoCadJ, un’altra mezz’ora per realizzare lo stampato col metodo del trasferimento di toner (detto anche “stira e ammira”) e un’altra oretta per montare i componenti, smoccolare per aver invertito TX ed RX, riponticellare, rifare il disegno correttamente, programmare il primo test e metterlo in funzione.

Per chi volesse realizzarlo, basta scaricare il file per FidoCadJ (no FidoCadJ? Ahi, Ahi, Ahi….) e stamparlo su una laser, dopo aver nascosto il layer della serigrafia. Sarebbe preferibile usare una carta idonea al toner transfer, anche di queste se ne trovano facilmente su Internet, ma c’è chi ha ottenuto eccellenti risultati anche con le riviste patinate e con gli scarti dei fogli autoadesivi.

Il prototipo (sbagliato) con il toner appena trasferito a caldo sul rame

Poiché il circuito ha piste relativamente sottili e fitte, il risultato con il toner transfer è in genere eccellente. Ma è ovvio che se possedete un bromografo il risultato sarà ancora migliore.

Lo stampato (sbagliato e col vecchio nome) inciso e rifilato

Una volta realizzato lo stampato, che ha le dimensioni di 5×3 cm circa, iniziate il montaggio dei componenti più bassi: resistenze, diodi, condensatori ceramici, seguendo poi con lo zoccolo dell’ATMega, col quarzo e gli altri condensatori. Lasciate i connettori per ultimi, e come detto in precedenza, potrete montare solo quelli che effettivamente vi servono (o tutti, se volete realizzare un circuito per prototipi).

Montaggio quasi completo del circuito (sbagliato)

Nel mio circuito ho usato porzioni di strip maschi dritti per tutte le porte e le alimentazioni, mentre un connettore femmina a 6 pin per la programmazione. Ovviamente potete usare anche connettori femmina per le porte, se vi risulta più comodo. Esistono anche delle strip trifilari ad angolo che permettono di montare i connettori lateralmente, ciò permette di ridurre lo spazio verticale occupato dal circuito con i connettori inseriti, a scapito ovviamente dello spazio laterale.

Un’ultima nota: le foto che ho pubblicato si riferiscono al primo circuito stampato che ho realizzato. Noterete che lo spazio riservato al quarzo ed ai condensatori ceramici è un po’ risicato, l’elettrolitico non è proprio ben messo, ma soprattutto sono invertiti i collegamenti TX ed RX nel connettore di programmazione. Nel circuito qui allegato ho però già effettuato le correzioni necessarie, ed i componenti, anche se sempre compatti, sono meglio disposti.

 

PROGRAMMAZIONE

Trattandosi di un microprocessore, è probabile che anche a voi, come a me, possa venir voglia di programmarlo. Come ho anticipato nell’introduzione, questo circuito, anche se viene riconosciuto in tutto e per tutto come un Arduino Uno, è privo di porta USB. Per la programmazione sarà quindi necessario usare una schedina USB/TTL, la stessa che si usa per programmare altre schede della famiglia Arduino, come il Mini ed il Pro Mini, anch’essi privi della USB.

Queste schedine si trovano anch’esse a pochi euro su Internet (aridaje!) ma se possedete già un Arduino Uno potete programmare il chip su quella scheda e poi trasferirlo su Arduino Bone.

In prossimità della tacca del microprocessore si trova un connettore femmina a 6 pin, in quanto la maggior parte di queste schedine FTDI ha già montato un connettore maschio che si adatta perfettamente, come potete vedere dalla foto.

A questo punto potete programmare Arduino Bone usando il solito IDE Arduino, ricordandosi di scegliere Arduino Uno come piattaforma.

Arduino Bone in funzione, con la schedina FTDI collegata ed alimentato tramite USB.
Il programma di prova muove cinque servocomandi, collegati ad altrettante porte, in maniera casuale.

Per finire, ricordo che il circuito è alimentatile tranquillamente con una tensione che può spaziare da 3 a 5 volt. Ricordatevi che la tensione di alimentazione di Arduino sarà la stessa che alimenta anche le periferiche: se, come nel mio caso, volete pilotare dei servocomandi, la tensione minima necessaria sarà 4,5 volt. Se invece collegate delle schedine esterne (ad esempio dei sensori di pressione) che vanno a 3,3 volt, fate attenzione ad usare la stessa tensione anche per la scheda. In alternativa potrete collegare un LDO ad una delle tante alimentazioni disponibili per ridurre la tensione da 5 a 3,3 o alla tensione che vi serve.

 

CONCLUSIONE

Che altro c’è da dire? Un progetto semplice, neppure originale, che può però tornare utile in molteplici occasioni. Se vi è piaciuto, datemi pure un buon voto (>9, ovviamente!), in caso contrario attendo i vostri improperi 🙂

P.S: questo progetto non sarà nulla di originale, ma vedrete in seguito come lo utilizzerò!

Articolo realizzato da Luca Calcinai, lo staf di NE555.IT ringrazia 🙂

 

DOWNLOAD

Potete scaricare il PCB realizzato con FIDOCAD al seguente LINK!!!



 

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1 pensiero su “ARDUINO BONE

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